1955 – Utilizzando 105 chiodi, salgono la Torre d’Alleghe
per la parete Nordovest gli “Scoiattoli” Claudio Bellodis e Gabriele
Franceschi.
1964 - Un ventiquattrenne di Alleghe si impone
prepotentemente all’attenzione del mondo alpinistico con una salita
d’eccezione.
La grande volontà di Domenico Bellinzier nel riuscire a
salire il pilastro Nord Ovest della Torre d’Alleghe è forte:
lascia soli i due amici, che lo hanno aiutato a risalire lo zoccolo iniziale,
in attesa del suo ritorno che è previsto in giornata. I due ”poveracci” restano
bloccati lì in quanto sono privi della corda necessaria per poter scendere. Ben
presto però per il solitario Domenico
Bellinzier le cose si complicano e
ai due amici non resta che passare una notte all’addiaccio. Nel racconto del
giornalista Giuseppe Sorge, veniamo a conoscenza di cosa accade a Domenico Bellinzier, il quale giunto ad
una cengia, si trova di fronte ad un enorme placca grigia: «Sopra la cengia
l’enorme lavagna grigia incombe misteriosa e minacciosa. Per più di un ora Domenico la esplora con meticolosità.
Ma quella parete levigata dall’acqua non svela i suoi segreti, non offre
possibilità di appigli, non lascia intravedere prospettive di passaggio. Domenico Bellinzier si rende conto di
aver inseguito un sogno irrealizzabile: la via non è tracciabile. Grida agli
amici che non può proseguire, che deve rinunciare. Ma anche il problema della
rinuncia non si presenta di tanto facile soluzione. Non riesce a piantare un
solo chiodo per calarsi a corda doppia. Come può quindi ritornare?. La
drammatica situazione non ha che una via di uscita: proseguire.
Domenico riprende ad ispezionare con maggior attenzione la parete
ed alla fine la sua perseveranza riceve il premio. Sei metri sopra la cengia
scorge una fessura. Ogni sua facoltà si concentra su quella piccola anomalia
della roccia. Sembra un canalino scavato dall’acqua che si perde qualche metro
più in alto». Alessandro Gogna prosegue così il racconto: «Ma la fessura non
era tale. E lì inizia la lunga odissea, chiodi messi doppi nelle fessure
cieche, passaggi di libera estrema. Bellinzier
forò con il suo punteruolo, per piazzare il primo dei suoi cinque chiodi a
pressione, per accorgersi che la sezione del chiodo era più larga del buco di
1,5 millimetri!. Tra queste orribili difficoltà tecniche riuscì a mettere alla
bell’e meglio 3 chiodi a pressione, riuscendo così a superare il tratto più
liscio. Ma non era finita, e per tutto il giorno fu una lotta al limite della
caduta. Solo dopo il bivacco, una provvidenziale fessura lo portò fuori dalle
difficoltà e quindi in cima».
Oltre ai 3 chiodi ad espansione, Domenico Bellinzier usa 50 chiodi e 2
cunei di legno per tracciare una delle più difficili vie delle Dolomiti.
1985 - Maurizio Zanolla “Manolo” ripete in libera il pilastro Nord
Ovest della Torre d’Alleghe segnalando passaggi di 7a, che
certamente anche Domenico Bellinzier
fu costretto in parte a superare in libera, vista l’esiguità dei mezzi
artificiali adoperati. Troverà anche un lungo tratto sprotetto che offre del 6c
obbligatorio. Passaggio che non è affrontabile e superabile in artificiale o
con l’uso di qualsiasi mezzo se non in arrampicata libera.